Agenda Digitale, Italia ferma al nastro di partenza


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L’obiettivo è quello di rivoluzionare i rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione in ambito di infrastrutture e architetture digitali, open data, competenze digitali, città e comunità, progetti internazionali. Ma allo stato attuale non sono visibili grandi risultati, tutto sembra rimanere sulla carta. Stiamo parlando della cosiddetta Agenda Digitale, l’iniziativa presentata a maggio 2010 dalla Commissione Europea nell’ambito della Strategia Europa 2020 e sottoscritta da tutti gli Stati membri.

Dai dati relativi all’attuazione dell’Agenda Digitale pubblicati dalla Commissione europea, infatti, l’Italia si è classificata al venticinquesimo posto su ventotto paesi europei, con un punteggio di 0,36 laddove il valore massimo in una scala da 0 a 1 sarebbe 1.

Per dare una scossa e consentire una più veloce attuazione dell’Agenda Digitale è stata anche istituita l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), che fa capo a Palazzo Chigi e che ha ripetutamente cambiato direttore generale. Da poco è stato nominato Antonio Samaritani, ex direttore dei Sistemi Informativi e IcT della Regione Lombardia, voluto con forza da Matteo Renzi. Tuttavia il neo direttore si sta trovando di fronte a un percorso tutto in salita, dove i problemi principali si riscontrano nel collegamento fra i cittadini e la pubblica amministrazione.

Due dei progetti di punta dell’Agenda Digitale sono ancora fermi: si tratta dell’ANPR, l’Anagrafe nazionale della popolazione residente, che avrebbe dovuto sostituire le anagrafi comunali assumendo il ruolo di punto di partenza per la digitalizzazione della PA. L’ANPR, in pratica l’unione fra l’indice nazionale anagrafi e l’anagrafe degli Italiani residenti all’estero, avrebbe dovuto permettere allo Stato di appoggiarsi a un’unica banca dati aggiornata in tempo reale dagli 8.100 comuni italiani per la condivisione delle informazioni. Al momento, non sono nemmeno iniziate le sperimentazioni. Lo stesso discorso vale per lo SPID, il Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale, attraverso il quale i cittadini dovrebbero accedere ai servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni tramite la carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi. La partenza della sperimentazione, prevista già da gennaio, è stata posticipata a dopo l’estate. Alla mancata partenza di ANPR e SPID è connesso lo stallo di Italia Login, un portale di accesso telematico ai vari servizi offerti dalla PA.

Un altro punto difficile da risolvere è quello del PCT, il processo civile telematico. A causa della scarsità delle risorse tecniche e della difficile interpretazione della normativa, secondo il parere del Consiglio superiore della magistratura, il sistema sembra essere divenuto più rigido. La posta elettronica certificata (PEC), alla base del PCT, non sembrerebbe idonea a garantire la verifica dell’autenticità dei documenti immessi nel fascicolo informatico e inoltre il PCT non risulterebbe tutelato da un sistema di conservazione a norma, con grave rischio di nullità degli atti processuali.

Nell’ambito della connettività, c’è inoltre un notevole ritardo nella copertura con banda ultralarga, per cui in Europa risultiamo davanti solo alla Grecia, oltre che nella diffusione della banda larga. Sostanzialmente in fase di stallo, nonostante, in certi casi, ottime predisposizioni normative, è anche il settore degli open data, delle competenze digitali e dei progetti internazionali.

Dati i risultati finora ottenuti, c’è il rischio che l’Agenda Digitale, da grande opportunità di crescita per il nostro Paese, si trasformi in una grossa sconfitta, come da più parti sottolineato. A meno che non cambi l’atteggiamento della politica in ordine all’investimento in cultura digitale.

Fonte: www.makersnews.it